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Quando parliamo di attivismo, la prima immagine che ci viene in mente è quella di una qualche forma di protesta, preferibilmente scenografica. Citando Wikipedia “ è una attività finalizzata a produrre un cambiamento sociale o politico ed è spesso intesa anche come sinonimo di protesta o dissenso”

senato blitz

Credo  che “Attivismo” sia più semplicemente da intendersi come l’atto di attivarsi verso qualcosa. Negli ultimi giorni ha fatto scalpore il gesto di un gruppo di attivisti che, attraverso un’azione esemplare, hanno sporcato con della vernice lavabile l’ingresso del Senato. Il dibattito è esploso ferocemente tra gli stessi movimenti ambientalisti. Da un lato chi appoggia questo tipo di azioni, dall’altro chi le critica aspramente, adducendo come motivazione il dannoso rischio che si passi dal tentare di sensibilizzare le persone al risultato opposto: generare odio e fastidio verso la tematica.

Partiamo da un presupposto: dovrebbero esserci dei temi, come in questo caso l’ambiente, che dovrebbero vederci “Attivi” a prescindere dal lavoro che facciamo o dal ruolo che abbiamo nel mondo. Seppur l’umanità si sia barricata nei perimetri delle città l’ambiente circostante è il nostro habitat e riguarda ognuno di noi, anche chi pensa di aver imbrigliato la natura. D’altronde lo stiamo vedendo sempre più frequentemente: saremo sempre meno esenti da gravi conseguenze, eventi meteo estremi in primis, e il prezzo da pagare è e sarà sempre più elevato a partire da morti e distruzione.

Quando ho lanciato il progetto “Bike to 1.5°C” la mia finalità era quella di provare a fare qualcosa che fosse utile in questi termini: da un lato sensibilizzare le persone usando gli strumenti a me più cari, ovvero la documentazione in diretta dalla sella di una bicicletta, mostrando la bellezza e la fragilità del mondo e sperando che questa potesse tradursi in “maggior interesse” da parte di chi non riesce a guardare oltre la punta del proprio naso. Coinvolgere scienziati ed esperti mettendosi seduti allo stesso tavolo e cercando un linguaggio comprensibile ai più è la sfida che ho accettato di portare avanti giorno dopo giorno, arrivano io stesso a mettermi in gioco sedendomi nuovamente ai banchi universitari per un nuovo percorso di laurea.
Dall’altro provando a dialogare e collaborare con le istituzioni, gli enti e le aziende, laddove possibile, e portando la bici in tutti quei luoghi dove la sua presenza avrebbe potuto rappresentare un forte valore simbolico di cambiamento.

Insomma, non mi vedrete mai lanciare della vernice o compiere azioni visivamente “forti”.

Ma devo dirvi la mia su quello che è un primo piccolo bilancio dopo più di un anno di attività legata al tema ambientale.

C’è una generale mal sopportazione al tema e alla ricerca di uno stimolo che spinga le persone a cambiare:

- Se spieghi le cose cercando di aprire gli occhi su quanto il mondo stia soffrendo, mostrando loro bellezza e fragilità dei luoghi più colpiti, i più ti dicono che è un mondo che non li riguarda sebbene tu faccia notare che alcune tragedie stanno arrivando anche qui, che ben presto le nostre coste si spopoleranno, i nostri ghiacciai sono già in sofferenza e una marea di altre conseguenze ci aspettano al varco.
- Se provi a portare avanti delle campagne, sensibilizzando le aziende verso un cambiamento, (le stesse aziende responsabili di aver avuto una filiera tutt’altro che sostenibile ma che ora, finalmente, iniziano a capire che la musica sta cambiando) e tessendo partnership investendo i loro (e i tuoi) fondi in attività di divulgazione c’è senz’altro sotto del marcio, o del greenwashing o, alla peggio, ci stanno lucrando sopra.
- Se, alla luce del punto precedente, i fondi li raccogli con campagne di crowdfunding e le attività di divulgazione le finanzi chiedendo anche uno sforzo ai singoli, ti viene detto giustamente che “la priorità sono le bollette..” (Mi è capitato un caso di una scuola in cui mi è stato risposto che in un momento del genere non si può chiedere neanche una piccola donazione spontanea per far si che l’incontro si possa svolgere: come ben capite anche voi le attività hanno un costo già solo per lo spostamento e il tempo/lavoro..)
- Se provi a sensibilizzare spiegando alle persone intorno a te che un cambiamento è possibile già solo impegnandosi in attività quotidiane volte a cambiare le proprie abitudini, vedi gli occhi alzarsi al cielo, le bocche sbuffare e ti senti rispondere che “tanto non serve a nulla”. Uno degli esempi più buffi è la leggenda utilizzata in alcune zone d’Italia per cui “non serve fare lo sforzo di separare carta e plastica, tanto poi quando raccolgono buttano tutto insieme”. Posto anche che sia così per assurdo, ciò denota la completa mancanza di qualunque tipo di impegno: il banale gesto di separare i rifiuti porta via pochissimi secondi. Per non parlare di quando si prova a spiegare il valore del cambiare alcune abitudini alimentari o altre azioni a “costo zero”.
- Alla luce di quanto detto sopra, quando ti viene detto “non serve rompere le scatole al cittadino che è già in difficoltà, dovete andare nei luoghi che contano” se ti lanci in gesti eclatanti come, appunto, bloccare il traffico o incatenarti o, come nell’ultimo caso, lanciare un pò di vernice (lavabile) sei un assassino in cerca di visibilità.

Insomma, posto che alcune azioni siano senz’altro più utili di altre credo che ci sia in generale il non volerne sentir parlare a prescindere. In questa continua corsa alla deresponsabilizzazione le persone comuni non vogliono minimamente aprire gli occhi sul problema con la connivenza (e questo si, lo trovo gravissimo) della classe politica.

La stessa classe politica che ha levato gli scudi per un pò di vernice lavabile sul portone del Senato, colpevole di decenni di inazione. La cosa che più mi fa sorridere della vicenda è che il mondo politico tutto (o quasi) dall’estrema destra all’estrema sinistra, passando per tutti i colori e le correnti, abbia espresso la propria indignazione.
E fa sorridere perché tra quei banchi, tanto da un lato quanto dall’altro (evitiamo di farne un discorso di colore politico perché abbiamo la prova lampante che tutti i governi che si sono alternati abbiano posto attenzione-zero sul tema!) siedono persone che in tenera età hanno militato o quantomeno strizzato l’occhio a movimenti ben più violenti dei ragazzi di “Ultima Generazione”

Io se fossi in loro, anziché correre a reprimere attraverso azioni e punizioni esemplari (le stesse che, se fossero state applicate quando scendevano in piazza con i bastoni e le molotov farebbero si che ora non sarebbero seduti su quei banchi…) aprirei i portoni delle stanze istituzionali ASCOLTANDO cosa hanno da dirci quei ragazzi e tutte le persone che hanno a cuore il futuro del pianeta.

Anziché cercare il modo di punirli e reprimerli, farli accomodare e dialogare sarebbe il modo più corretto per dimostrare apertura e interesse.

Ricordiamoci sempre che quando qualcuno ci indica la luna è sempre cosa saggia evitare di guardare il suo dito.

La vernice lavabile che tanto sta facendo scalpore, con mezza giornata è venuta via senza particolari difficoltà. Il ghiaccio che abbiamo perso e siamo destinati a perdere, le città sommerse dall’acqua, le specie animali che si estingueranno, i morti civili e tutto ciò che siamo destinati a vivere, nessuno potrà ridarcelo indietro.

Gli ultimi 3 eventi meteo estremi solo in Italia hanno visto: 11 morti per il distacco di un pezzo del ghiacciaio della Marmolada, altrettanti per le conseguenze dell'ultima alluvione nelle Marche e 12 per quella che ha colpito Ischia. Per non parlare dei feriti (alcuni gravi, rimasti invalidi) degli sfollati e dei danni alle abitazioni.

 

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